venerdì 10 dicembre 2010

Maethodik's Corner - Crystal Castles – Crystal Castles

A distanza di 2 anni dal disco di esordio del 2008 (Crystal Castles) i Crystal Castles pubblicano l'attesissimo seguito, e dopo mesi di dubbi decidono di chiamarlo Crystal Castles. Mi sembra di vedere Homer  seduto al tavolo del casinò che continua a chiedere “Carta, carta, carta, carta, carta”. Sarà anche stata una tattica per disorientare i pirati del web (sicuramente non il nostro caso), o forse un più rapido ctrl+c e ctrl+v.

N.B. non è la copertina dell'album recensito

Appurato che questi due Canadesi non brillano in quanto a fantasia, almeno sopperiscono col talento. Presupponendo ancora in vita la cantante-folletto (bassina, magrolina, pazzoide, dai dubbi gusti sessuali, ma soprattutto deve tirare su come poche), il futuro è tutto loro.
Via di mezzo tra Adult e Justice, fanno dell'elettronica 8-bit il loro marchio di fabbrica. Se poi si aggiunge che i loro live sono eventi eccezionali in cui la nostra amica Vorwerk dà il meglio di sé, sfondando attrezzature e prendendo a pugni steward e fans..
Ma non divaghiamo e torniamo a quello per cui (non) sono pagato.
L'album si snoda tra 14 tracce ricche di adrenalina, roba da calcagnate nelle gengive.
Dopo la intro Fanting Spells che lascia intendere il tipo di suono disturbato che incontreremo, arriva Celestica, traccia che non ti aspetti da questi due deviati. Dolce, con una voce di Alice Glass (soprannominata dagli amici “Flachi”) capace quasi di intenerire, cosa davvero rara. Celestica, come gran parte delle tracce, è fedele alla cassa dritta.


Neanche il tempo di pensare: “Oh, checcccarini!” che parte Doe Deer. E sono dolori. Timpani che implodono causa suono violento e volutamente distorto. Ok, ora sono loro.
Segue Baptism, roba da far incrinare i buoni rapporti col vicinato. Sfido chiunque a tenere basso il volume durante l'ascolto. Della serie, alle morbide Fruit Joy, tu resistere non puoi. Devi, devi, devi, devi, devi, masticar. La palla (da basket, restando in tema) passa a Year Of Silence, presa in prestito previo inacidimento da Inní Mér Syngur Vitleysingur (non ho pigiato a caso sulla tastiera à la Ray Charles) di quel mattacchione di Jonsi e la sua combriccola.
Pausa, arriva Empathy. Canzone davvero azzeccata che ha la funzione di rilassare i timpani prima di Suffocation. E la testa ricomincia a ciondolare a tempo di musica. Violent Dreams passa senza che te ne accorgi, nella sua piattezza di mezza canzone buttata lì.
Ed ecco Vietnam. No, Skipper e Kowalsky, non sono altre mappe di Battlefield, ma una canzonetta elettronica che ti piglia. La traccia numero 10 risponde al nome di Birds, caratterizzata da quel strano rumore looppato che ti vien da pensare: “Maccheèstaroba?” ma che in realtà funziona.
In perfetto stile Crystal Castles, Pap Smear è stato il primo singolo e anteprima dell'album Crystal Castles. Ok, avete capito. Ma non si sa mai.
E poi, eccola. Colpo di fulmine. Not In Love è una di quelle canzoni che so che mi accompagneranno per anni, Maya permettendo. Consiglio comunque la versione appena uscita cantata da Robert Smith (Cure, ricordate?).



Intimate ripercorre la strada tracciata da Baptism, con grande piacere, nel frattempo, dei legali dei vostri vicini. Ve lo dice un amministratore, mica un ingegnere. Per finire troviamo I Am Made Of Chalk, traccia di difficile lettura. Insomma = 1/(Moccia).

Conclusioni.
Rispetto al primo album Crystal Castles, questo Crystal Castles dei Crystal Castles (e daje) ha fatto un passo verso il pubblico, risultando relativamente più addolcito e fruibile. Rimane comunque alto il tasso di adrenalina: se durante l'ascolto vi viene voglia di entrare in tackle violento, magari su un vostro compagno di squadra, non preoccupatevi. Qualcuno ci ha pensato prima di voi. Scusa Michi.

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Maethodik

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